Teresa Verucci: una mamma sempre in lutto per la morte del figlio Armando Naticchioni
Armando Naticchioni nasce a Norcia il 18 aprile del 1897 da Aurelio e da Teresa Verucci. Dopo la scuola dell’obbligo (5° elementare) è apprendista falegname, poi
operaio, presso la bottega di Moscatelli Giasone, sita in Norcia in Via dei Priori (oggi proprietà Procaccioli). Soldato di leva, di prima categoria del distretto di Spoleto, l’11 maggio 1916 è lasciato in congedo illimitato. Per mobilitazione generale è chiamato alle armi e giunge nel distretto di Spoleto il 22 settembre 1916. Da lì, il primo ottobre, scrive alla madre la seguente lettera:
Cara madre, domani stesso, 2 ottobre alle ore 11 partimo per Pisa. Io mi trovo sempre alegro, dunque coraggio anche voglialtri. Appena arivamo a Pisa ti scriverò subito, lo dirai anche alla madre de Peppe de Campeo che partimo insieme, gli saluterai la sua famiglia. Mi darai tanti saluti a nonno, nonna, a tutti, un bacio a Enio e a tutti voi. Mi firmo il tuo affezionatissimo figlio Armando Naticchioni”.
A Pisa, il 30 ottobre 1916, viene inserito nel 7° Reggimento artiglieria da Campagna (Batterie) e a partire dal 16 giugno 1917 nel 54° Reggimento artiglieria da Campagna (Batterie).
Sempre il 16 giugno giunge in territorio dichiarato in stato di guerra. Due giorni dopo spedisce alla madre una cartolina postale che, probabilmente, sfugge al controllo della censura in quanto rivela l’esatta località in cui il soldato Armando Naticchioni si trova.
“Rovereto, 18 giugno 1917
Carissima madre, gli fò sapere glieri sera siamo arrivati a Palmanova e siamo venuti in questo piccolo paesetto (Ndr. Aiello del Friuli, a non più di un chilometro dall’Isonzo, in piena zona di guerra, predestinato alla morte sin dalla primissima ora). Qui ci si sta fino ai primi di luglio dice; qui ci troviamo bene, si dorme sulle brande, io poi non fò quasi niente il giorno. Basta non pensate a me che io mi trovo sempre bene. Da Pisa siamo partiti sabato alle 3 e siamo arrivati a Palmanova domenica sera alle 9. Io ho fatto un bel viaggio: ho viaggiato sempre in II classe. Per ora mi trovo bene e così spero che sia di voi tutti. Saluti a tutti voi e a chi domanda di me. Affezionatissimo figlio Armando.
P.S. Io mi trovo insieme con uno di Belforte e uno di Campi e poi siamo tutti amici.
La corrispondenza con la famiglia, peraltro fitta, si ferma alla vigilia della dodicesima battaglia dell’Isonzo o di Caporetto che inizia il 24 ottobre e si conclude il 9 novembre con una disfatta.
Il 21 ottobre il soldato Naticchioni scrisse di nuovo alla madre:
Cara madre, sono sempre pronto per farti sapere mie notizie. Mi trovo sempre bene, per ora. Ricevi i più affettuosi baci dal tuo affezionatissimo figlio Armando”.
Il giorno successivo scrive al fratello Gino e al padre Aurelio che, come molti altri nursini, emigravano nel periodo invernale in Toscana “per fare la stagione”.
Caro fratello Gino,
ò ricevuta la tua cartolina illustrata. Contraccambio i più cari saluti e baci a te e a tutti di famiglia. Il tuo affezionatissimo fratello Armando”.
E ancora:
Caro padre, mi trovo sempre bene. Vi mando a tutti di famiglia i più cari baci. Il vostro affezionatissimo figlio Armando. Vi manda saluti mio fratello Antonio (Ndr Cl. 1898, contingentato anche lui). Saluti a nonno, nonna, Alieno, ecc.”
Sono gli ultimi messaggi. Il nostro sa che la partenza per la zona d’operazione è imminente: si và all’inferno, da dove torneranno solo i fortunati.
In quest’ultimo periodo l’epistolario, sempre dovizioso, diventa essenziale, quanto basta per tranquillizzare i familiari.
Durante la battaglia il soldato Armando Naticchioni è ferito, fatto prigioniero, ricoverato nell’ospedale di riserva di Bruck in Stiria (Austria), a pochi chilometri dall’Ungheria.
Non arriveranno più sue notizie e a casa, tale assenza, è vissuta drammaticamente, l’attesa con speranza: i silenzi lunghi ed eloquenti si alternano a soliloqui e dialoghi carichi di interrogativi.
Armando Naticchioni muore a 20 anni nell’ospedale nemico di Bruck il 20 dicembre 1917, “per esaurimento a causa della lesione prodotta da un colpo di arma da fuoco”.
L’atto di morte, trascritto nell’anagrafe nursina solo l’11 maggio 1919, fu compilato dal cappellano militare dell’esercito austriaco Aloisio Lazechy mentre la morte di Armando Naticchioni venne constatata dal dott. Otto Har Marschall, medico civile del campo.
Fatto singolare, il fratello Antonio, il 22 dicembre 1917, giorno della sepoltura di Armando, scrive dalla zona di guerra al padre Aurelio “norcino di Orlando Rossi, in piazza Vasari – Arezzo” la seguente lettera:
Novellara 22 dicembre 1917
Caro padre, vengo a farti sapere della mia ottima salute. E così spero che sia di voi e della nostra famiglia. Ieri ho ricevuto il vaglia spedito da Gino che è di 15 lire. Sono stato molto contento perché ero rimasto senza soldi.
Il nostro povero Armando ancora non ha scritto? Fatemi sapere qualche cosa. Ogni giorno che io non ho notizie del mio fratello mi fa pensare sempre più male. Ma speriamo, caro papà, che scriva presto e ci mandi buone notizie, che seppure è prigioniero è una fortuna. Io proprio non posso capire come gli sia successo questo, eppure lui stava tanto più indietro di me. E io ch’ero in prima linea mi sono salvato e lui no. Ma io immagino che sia rimasto prigioniero di là del Tagliamento. Perché devi sapere che gli austriaci ci vennero tutti assieme e fecero saltare il ponte e perciò le persone che furono rimaste le presero tutte prigioniere.Io fortuna ero passato mezz’ora prima se no pure io chissà come mi trovavo. Mi sono salvato non so come. Ma tiriamo un po’ avanti. Ancora di partire non c’è nessun ordine. Ma stiamo a giorni. Venne l’ordine di partire domenica passata. Dopo venne un altro ordine di non partire più. Ma spero restare. Almeno spero da farci Natale. Quest’anno caro papà, che brutto Natale, voi lo fate male ma io peggio. Una per il povero Armando, poi penso tanto tanto che devo ritornare lassù al fronte. Che mi fa pensare tanto male. Perché sapessi come si sta male e poi adesso in questo freddo. Ma speriamo, caro padre, che ancora resti qua per un altro po’ di tempo che so’ proprio pasticci a riandare lassù. Ma come si fa… io mi faccio sempre coraggio, spero da salvarmi come mi sono salvato finora.
Ma adesso è peggio. A mamma gli mando a dire che ancora non c’è nessun ordine. Perché se gli mando a dire che pure io devo ripartire la fo penare di più. Che penso chissà come starà per Armando. E adesso pure con me. Ma come ti dico non c’è nessun ordine. Mamma mi ha scritto l’altro giorno e mi dice che stanno tutti bene. E mi ha spedito un pacco e mi dice che voi gli avete scritto e gli dite delle mie lettere, che le avete ricevute ma non avete tempo per scrivermi. Io mi ci sento una gran pena che non posso venire pure io ad aiutarti. E poi Gino mi ci ha messo sul vaglia “Vedessi come si mangia” per farmi arrabbiare di più. Lo so caro fratello. Invece io ho la sola pagnotta e rancio e con quello bisogna stare. E nemmeno a comprare si trova. Ma rinfrancati tu pure per me a mangiare.
Basti che mi salvi, verrà pure per me il tempo di rimangiare. Oggi pure rimando una cartolina illustrata per le feste natalizie. Fatela leggere che speriamo che Armando scriva per Natale. Almeno si sta più contenti; ne ho mandata pure una a zio Amedeo. E ieri ho scritto pure alla moglie, ne ho mandata pure a nonna, a nonno… insomma almeno si ricordano di me in quel giorno. A mamma se gli scrivi subito mandagli a dire che non gli ho risposto perché sto aspettando il pacco. E appena lo ricevo gli scrivo subito. Spero che oggi o domani che venga.
Qua è tempo brutto, sempre piove e oggi nevica e fa freddo molto. A noi ci fanno fare istruzioni tutto il giorno. Io immagino che adesso avete molto lavoro. Dunque caro papà, per questa volta basta. Fate buone feste, rinfrancatevi pure per me. Io pure farò lo stesso. Io mi faccio coraggio da per me. Dunque ripeto coraggio e buone feste e buon capodanno. Mi darai tanti saluti a zio Amedeo, a Gino, a tutti i padroni, a Tonino, a tutti della sua famiglia, alla padrona, a tutti coloro che domandano di me. Tanti saluti a mamma quando gli scrivi fagli coraggio se ancora Armando non ha scritto. E tu, caro papà, fatti pure tu coraggio e ricevi i più cari baci e un abbraccio dal tuo figlio che mai vi scorda Antonio Naticchioni. Saluti ad Armando se ti ha scritto.
Ma gli interrogativi sulla sorte di Armando resteranno per lungo tempo senza risposta come prova il telegramma della Croce Rossa Italiana del 14 gennaio 1918 con il quale si informa la famiglia che il soldato Naticchioni Armando non risulta prigioniero di guerra o la cartolina postale del 31 gennaio 1918 scritta da Antonio al padre con la quale esorta la famiglia ad avere pazienza ma soprattutto coraggio rispetto al “silenzio” di Armando.
Nonostante le ostinate ricerche tra il carteggio privato non si è rinvenuta la missiva con la quale Armando comunicò alla madre di essere prigioniero e ferito in Austria; infruttuose anche le ricerche per stabilire come, quando e da chi siano stati restituiti alla famiglia gli oggetti personali (portamonete, monete metalliche e banconote austro-ungariche di cui alle foto).
Alla madre Teresa che, dopo aver appreso la notizia della morte del figlio, mai smise di vestire il lutto, insieme agli attestati, i diplomi, croci e medaglie le venne liquidata da parte del Ministero della Guerra una pensione di annue lire 630 che la donna, religiosissima, redistriuiva in parte in carità. A non pochi bambini e bambine del vicinato, venne posto il nome di Armando e Teresa non solo in segno di riconoscenza ma anche per perpetuarne la memoria. Teresa Verucci Naticchioni ha perduto un figlio, l’Italia 650.000.
Fonti: Notizie tratte dal foglio matricolare dell’interessato e da documenti di famiglia. Scheda redatta dal nipote omonimo Armando Naticchioni di Norcia.