Prigionieri di guerra austroungarici a Norcia
Nell’estate del 1917 al fronte prendeva il via l’offensiva austriaca denominata Strafexpedition e per gli italiani si profilava all’orizzonte la disfatta di Caporetto. La situazione non era migliore all’interno del Paese dove c’erano problemi per il carovita e per il pane tant’è che scoppiarono tumulti a Milano e a Torino, con operai e donne protagonisti di primo piano.
In questa difficile situazione economica anche nelle campagne c’erano problemi poiché gli uomini abili al lavoro stavano al fronte e per mandare avanti l’attività nelle campagne era indispensabile trovare nuova forza lavoro.
Anche Norcia e il resto della Valnerina non erano esenti da questo problema in quanto territori a vocazione agricola. Si cercò, pertanto, di tamponare l’emergenza e cento prigionieri di guerra dislocati ad Orvieto raggiunsero la città di Norcia per essere impiegati in attività agricole.
La convenzione che consentiva al Comune di utilizzare nei lavori di “mietitura, falciatura, vangatura, zappatura, rastrellatura, semine e piantaggioni” i prigionieri di guerra venne siglato, per il comune di Norcia, dal sindaco Filippo Allegrini e, per l’autorità militare, dal comandante del reparto prigionieri di guerra di Orvieto Maggiore Enrico cav. Briccola.
Per tutti i lavori il Comune era tenuto a corrispondere al Comando del Distaccamento di Orvieto un compenso orario di quindici centesimi (per la falciatura venti centesimi) di cui cinque venivano pagati al prigioniero mentre il resto erano dovuti allo Stato.
Il numero delle ore giornaliere lavorative, stabilite dall’Autorità Militare, era fissato generalmente in dieci ore anche se, in via eccezionale, quando speciali circostanze di luogo o di tempo lo richiedevano, potevano essere autorizzate dodici ore o il lavoro anche nei giorni festivi. Tutti gli attrezzi di lavoro dovevano essere forniti e riparati a cura e spese del Comune.
I prigionieri lavoravano in gruppi di 8-10 persone ma, potevano essere impiegati anche in numero inferiore. In questo caso, però, era il Comune che doveva provvedere alla sorveglianza e impedire qualsiasi tentativo di evasione.
Il Comune di Norcia, inoltre, doveva provvedere all’alloggio dei prigionieri e della truppa di sorveglianza che consisteva nella cucina, nelle latrine notturne nonché nel rifornimento della paglia per i giacigli. Per il comandante del distaccamento, invece, il Comune doveva mettere a disposizione una camera convenientemente arredata e un’altra da adibirsi ad ufficio con i mobili strettamente necessari a questo uso.
A Norcia furono diverse le famiglie che ricorsero ai prigionieri di guerra per svolgere mansioni agricole ma documenti d’archivio provano la presenza di prigionieri austroungarici anche nei comuni di Preci e di Cascia.
Per saperne di più:
Chiaverini Rita, Prigionieri di guerra in Per non dimenticare…, n. 6, anno 2004, p. 80