Naticchioni Paolo, il bersagliere con la vena poetica
La nipote Paola Veneri conserva ancora il piccolo diario con i poemetti che Paolo Naticchioni ha lasciato insieme ad 11 cartoline indirizzate alla moglie e ai familiari. Purtroppo alcune interessanti lettere di Paolo indirizzate alla moglie che erano state esposte dalla nipote nel suo agriturismo sono state rubate recentemente.
Paolo Naticchioni era nato a Norcia il 14 aprile 1888 da Angelo e Filomena De Angelis. Nel 1908 presta servizio militare e viene lasciato in congedo illimitato. Con lo scoppio della prima guerra mondiale viene richiamato alle armi: è il primo giugno del 1915. Inquadrato nel 2° Reggimento Bersaglieri e dal 18 novembre trasferito in territorio dichiarato in stato di guerra, precisamente nel deposito del 3° Reggimento Bersaglieri. Al fronte subisce un principio di congelamento ma la sua fibra forte gli consetne di superare questa difficoltà. Il 29 dicembre 1916 assume il grado di caporale. Muore il 22 novembre 1917 durante il combattimento in località Monfenera in seguito a ferite causate dalle schegge di una granata. Paolo era sposato con Santa Iucci ed aveva una figlia di nome Filomena.
Paolo Naticchioni è stato autorizzato a fregiarsi della medaglia commemorativa nazionale della guerra 1915-1916-1917 istituita con Regio decreto n. 1241 in data 29 luglio 1920 ed apporre sul nastro della medaglia le fascette corrispondenti agli anni di campagna 1915-1916-1917.
Ecco la trascrizione del suo poemetto conservato gelosamente dalla figlia FIlomena:
Copertina
Naticchioni Filomena
Interno:
Vita del soldato in guerra
1a Ottava
Publico ascolta bene quel che vi dico.
E tu mia gioventù del primo fiore
Attenti bene come solo il motivo
Anche alle belve greperebbe il cuore
Ora di guerra vi faro i suoi piani
Dei Tedeschi, Austria Italiani
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Lettori i versi miei non so vani.
Mi trovo giornalmente nel dolore
Perche siemo trattati come cani
In servizio noi siemo tutte lore
Considerate voi se siemo cristiani
Lasciar la vita nell’età del fiore
Dal 2 giugno iofui richiamato
Sempre alla (…) vita sono stato.
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Come le Belve sempre o riposato
Nell’umito terreno all’foresta
Contro fratelli o sempre guerreggiato
Alle selle per la prima festa.
Il 17 giugno ebbi arrivato.
In quella notte lo presa e questa
Se vo scoppio in quel giorno detto celle
Io mi avvio a lasciar la pelle
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O Dio dal lalto ciel crear le stelle
In quel giorno che ci fu pensato
Se no lo si lasciava tutti la pelle
Che facesti in quel punto in quel Nebbiato
Che brutte circostanze furono quelle
Mentre veniva un fuoco accellerato
Credete voi che non so favelle
Di essere spersi come pecorelle
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Udite verso me non so favelle
Lascio considerare a chi ci e stato
Giornate come quelle non vi sarranno
Mentre tutti alla fuga si fu dato
Tutti alla fuga per salvare la pelle.
Chi potea scappare si e salvata la pelle.
Io che scappai veloce come il vento
Mentre tra fuoco e neve mi trovai al campamento
6
Mi sento stracciare il cuore
Quando ci penso me si grepa il cuore
Resto privo di mente e perdo i senzi
Cosa davvero che facea tremare
Al ripensarci me se bagna le ciglie
Poveri Padri e figli di famiglia
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Per unaltra parte la strada si piglia
Zaino a spalle Marcia poi si piglia
Insoffrire e per la strada vanno e si
Dover il punto destinato andare consiglia
Nessun sapeva dov’è la Briglia
Dovera il punto di dover fermare
Giunto sera a Caprile un paesetto
Chera su da unaltro fronte sul confine.
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Ora noi ci accampammo su da una collina
E lì si arivò in quella nottata
Alla mattina subito in cammino
Su per un monte la strada imboscata.
Il rombo del cannone era vicino
In me disse ce le vanzate
La sera stessa si arrivò in un fiume
E lì si riposò senza le piume
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La stessa notte di fiamme un gran lume
Vicino a un monte che cera vicino
E quello che fu un colpo di cannone
Che si incendiava un piccolo paesino.
In guerra per distruggere il costume
Ogni Paese e ogni cittadino
Di li alle 2 si partiva
Ad un paese salisci si arrivo
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Ora incomincia la più lotta viva
Dal 9 e il 10 e il 11 di luglio
Non vè persona che nessuno lo descriva
Si avanza per la Roccia e per lo scoglio
Sempre per il monte avanti si saliva
In faccia eravamo bianchi come un foglio
Si arriva in cima con un gran spavento
Subito incomincio il combattimento
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Il foco ne duro diverso tempo
Per tre giorni e tre notti lì in trincea
Che mancava sino il nutrimento
Al l’albergo delle stelle si dormiva
Sento palpitanto il core quanto ci penso
Tre giorni e Mezzo al mare patimenti
Che sentivano strepiti e lamenti
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Oime ripenso a quei brutti lamenti
O dietro sono a scrivere mi trema la mano
Di morti ne giudicai un par di cento
Un Sergente un Tenente e Capitano
Fratelli dellaltri poi accenti accenti
Con le mitragliatrici e bombe a mani
Ne sono morti ancor nel col di Lana
Dovera il macello della carne umana
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Di li si parte a pie di settimana
Il 17 delli stesso mese
Un monte che era atteso al col di Lana
Di li si avanza per le nuove imprese
Difatti loccupazione non fu invano.
Trenta feriti e due morti si fece
Questo segui dopo loccupazione
Questa sciagura ne fu il cannone
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O destino o tribolazione
La notte e il giorno non si riposa
Ma quando fucilava e quando cannonate
Tanto il bombardamento e mortai
Vien pure il martirio in precisione
Anche quella la pace non da mai
Freddo e neve ci rode le dita
Fra tutti quanti vogliam la vita
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E quanta gioventu all’eta del fiore
Si vede giornalmente di andar alla morte
Del e famiglia e rapita a lasciar
I loro cari figli e le consorti
Ditemi che le sara a lor vita
Quanto alle cose ne rimanco il manto e se
Non vi è più nulla in nessuna maniera
E rovinata ogni famiglia intiera
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Questa non è falsità e cosa vero
A.. di non dar retta più al giornale
Si vede giornalmente una maceria
Questo si prova e cosa naturale
Di pigliar Trento e Trieste non li par vero
Al fin si perdera anche lo stivale
Se contro l’Austria si è mossa guerra
Che a pallate non si butta in terra
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Me se dentro al suo petto il cuor si serra
Tu stesso devi dir chi a ragione
Quello che si vede non è guerra
Ma è modo di distruggere le persone
Nemmeno per fare una nazzione intera
Credete questo è una distruzzione
Perche trovansi in Italia all’istante
Il novantatre per cento d’ignoranti
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Quante famiglie nei dolori e pianti
Quanti morti sono nei guerreggianti
Poveri e figli e Spose tutti quanti
Starete giornalmente tribolanto
Chi perderà il marito e chi l’amante
Brutte giornate starete passanto
Inmenzo amori e pianti le persone
Con tante pene e tribolazione
19
Qui ce amabilissime persone
Dei miei errori ne domando scusa
Non so compositore di canzone
Ne di notaro ne di precisione
La musa solo vi spiego la passione
Al giorno di oggi la mente lo confusa
Per noi le cose non so tanto belle
Stai meglio carcerato nelle celle
20
Venti ottave scrivo sono quelle
E nel dolore resto la poesia
All Amata conviene di lasciare la pelle
Di qualungo costo di venti ottave vorrei scrivere delle piu belle
Se seguita tanto vo di questa via
Saluti dai soldati dai confini
Che son diciassette mesi
Di fronte nel Trentino confine.
Fine
Poesia e volume e fastidio del soldato
In guerra, dal Pidocchio
1a Ottava
Natura serve aiuto per poter cantare
Risveglio la mente con coraggio
Affinchè lo sgomento a fondo possa portare
Cantanto del Fastidio il gran passaggio
Sopra al soldato viene a camminare
Ogni giorno fa più d’un viaggio
La musa colsi a corpo d’occhio
Otto ottave faro sopra al Pidocchio.
2
Tutti i giorni li guardo d’occhio
Con superbia assai invelenita
Sguardo la camicia sento sul ginocchio
Mi guardo le gambe lo sento per la vita
Bisogna havere un bel verocchio
O’ consumato lunghia delle dita
Per trovarli una persona d’aggiaio
Ogni giorno li schiaggio a centinaglia
3
Se fosse grano sarebbero tante foglia
Ma e fastidio che brutta penitenza
Fra l’orli della camicia stanno a paglia
Per trovarli ci vuole tanta pazienza
Poi anno il nido con tanta maglia
E questa e una brutta semenza
Quanti più ne cerco più ne trovo
Se vedi addosso mi anno fatto il covo
4
Infatti per la camicia piu di un ovale
La generazione non si perde mai
Tutti i giorni ne fa di nascer ova
Ogni giorno ne nasce assai
A queste cose non mi ero mai ritrovato
Mi gratto sempre e non smetto mai
Quanto più mi gratto e più mi cratterei
Per fin la pelle a dosso mi strapperei
5
Nel fastidio anno più di sei
Chi si gratta di dietro e chi davanti
Quanti ne abbiamo non saprei
Alberi ne abbiamo bruciati tanti
A tutti l’angoli mi fermerei
Per poterli schiacciare tutti quanti
Camminano di dietro e al di fuori
Son bianchi rossi e neri tutti i colori
6
La mia persona e piena di pudori
Mi gratto ogni parte di … in cima
Il sangue da dosso mi sorte fuori
I Pidocchi crescon sempre piu di prima
Son grossi a vederli paron tori
Da non potersi esprimere nella rima
Anno il corpo pieno di sangue umano
7
Io parlo il giusto non parlo invano
Se i pidocchi diventassero soldati
Quanta forsa per lesercito italiano
A Trieste sarebbero arrivati
Ma questo insetto distrugge il cristiano
E tutti i giorni siamo assaltati
Questo lo dico di cor sincero
Del Pidocchio sono prigioniero
8
Qui termino il cammino altero
Quel che ò detto non vi faccia meraviglia
Di far la polizia presto lo spero
Distruggendo questa brutta famiglia
Pulirmi da cima a fondo tutto intero
Il sangue perduto allor si ripiglia
Di star polito ognuno e amoroso
Qui termino il canto pidocchioso.
Fine del Pidocchio