Lettere dal fronte: Antonio Naticchioni scrive da Bressana Argine (Pavia) alla mamma Teresa
Tra il 1915 e il 1918 gli scritti scambiati tra i soldati italiani e le famiglie in quei tre anni ammontano a quattro miliardi. Scrivere significa non essere più soli. Scrivere lettere o ricevere posta ha l’effetto di una terapia, diventa un modo di autoconservazione, di alleviare il dolore della lontananza e le difficoltà del presente. Si spiega così il bisogno di ricevere posta da parte dei soldati poiché le lettere costituiscono la continuità con la propria esistenza prima della guerra, con la propria famiglia e con la propria comunità.
Molto rigide sono le prescrizioni della posta militare:
- NON scrivere lettere di oltre quattro pagine
- NON usare buste foderate
- NON usare linguaggio convenzionale, cifre, segni, ecc
- NON dimenticare l’indicazione del tuo nome, cognome e reparto
- NON PARLARE DI COSE DI GUERRA
- NON indicare il luogo dove sei
- NON mandare fotografie o cartoline dei Paesi della zona di guerra
- NON mettere soldi nelle lettere
- NON impostare nella POSTA BORGHESE
Nonostante la censura, però, qualche lettera arriva a casa piena di dettagli, di nostalgia, di dolore. Come questa lettera di Antonio Naticchioni, inviata alla mamma Teresa il 23 marzo 1917, appena partito da Norcia:
Ieri sera siemo arivati qui inquesto bruto paese e umpaese che non sitrova niente nemeno il pane l’acq aqua dei pozzi enemeno sitrova vedessi perlavare la cavetta che cosa tocca fare quante volte mi ripiango il mio letto la mia casa. E l’aqua poi non tenedico.
Siemo arivati ogi cianno fatto fare l’istruzzione ci fanno peggio dei schiavi mi sento proprio matto. Quan Siemo arivati a Pavia di notte e apena arivati cianno fatto dormire attera come i magliali. Ma quando siemo /arivati cisono venuti a pigliare col concertto. Per viagio cianno viagiare col treno bestiame che misentivo morire afare tutto quel viagio acosi lungo. Quando sono arivato a Pisa non mivolevano fa scendere dal treno eio volevo scendere per vedere Armando ma; quando me lo vide davanti, acosi cisalutamo subito e ci bevesimo un fiasco di vino tutti asieme con quelli di Norcia che ancora non ceravamo disuniti. Cara madre vedessi che cosa cifanno fare cose da non credere. Quando andamo apiazza darme mi sento / tanto male. Con Armando era meglio si non ci fosimo visti sempre con lui sto apensare. Ma mifo coragio. E questa sera scrivo una cartolina pure alui giusto per mio indirizzo.
Io la cavetta non mi posso a bituare amangiarla; la mia selamangio sempre palacia Se lovedessi come è buffo vestito acosi , Ma lui esempre conte to perche su alla casa non sela mangiata mai mesta adi che glie saluti la madre e il fratello . che lui stabene. Eipanni cia detto il sergente che ipanni li spediscono domenica, che ancora anno davenire laltri coscritti e fanno tutto una spedizione. / alora quando tulai ricevuti melofarai sapere. Cara madre se mivedessi cosi vestito ; come siemo buffi Mi sento proprio tanto male ma mifo coraggio perche o trovato due compagni proprio buoni; uno è il figlio del calzolaio di Preci papa forze lo conosce. E uno è di spoleto e poi ancora anno da fa le scuadre. Dunque cara madre fartti coraggio speriamo de addì sempre meglio ogi cianno dati i pagliaricci Dunque il mio idirizzo è questo Al soldato Antonio N. 1° Genio Zappatori. 15 Compagnia, Distaccamento Bressana Argine Provincia di Pavia | Saluto tutti tanti baci a papa a Ennio a Dario a Gino a nonna a nonno Salutami Armando e ate senza fine il tuo ate fig A[ntonio] N[aticchioni]”.
Nei margini: “Coragio mamma scrivimi subito Salutame tutti scrivimi subito Saluti a Gino che stia aposto”.