|

Articoli e News

Tutte le curiosità e le vicende racchiuse in questi articoli
9
Gen

Intervento del Presidente Franco Marini: “Conoscere la guerra per amare la pace”.

Presidente del Comitato storico scientifico
per gli anniversari di interesse nazionale

L’Italia entra nel primo conflitto mondiale il 24 maggio 1915 con la dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria. L’Europa bruciava da poco meno di un anno. <La più tenebrosa tragedia della follia umana> (così Benedetto XV nel dicembre del 1916) era iniziata il 29 luglio del 1914, ad un mese dall’assassinio a Sarajevo dell’arciduca ed erede al trono austro ungarico Francesco Ferdinando.
Da poco meno di 50 anni l’Europa prosperava come mai prima nella sua vicenda storica: sviluppo economico, innovazioni tecnologiche, rapido miglioramento degli  standard di vita del proletariato urbano e nelle campagne, grande spazio alla cultura ed alle nuove manifestazioni artistiche come il cinematografo.
Quella che scoppia nel 1914 non è la guerra del passato, limitata nel tempo, nello spazio, nella partecipazione di uomini, nell’uso di mezzi: è la guerra moderna, la guerra totale, la Grande Guerra appunto, che tutto devasta, travolge, deforma.

<Abbiamo costruito le nostre capanne su un cratere che credevamo spento> dirà più tardi lo scrittore austriaco Karl Kraus.  Governanti e stati maggiori  di tutte le nazioni belligeranti condividevano la medesima certezza, rivelatasi poi il più spaventoso degli errori: grazie ai progressi della tecnica la guerra sarebbe stata rapida, questione di poche settimane e qualche migliaio di caduti.
Invece le settimane divennero mesi, cinquanta, e i caduti milioni, sedici, tra soldati e civili.  Diventa la terrificante guerra di trincea, spaventosa, disumana. Prima della fine del ’14 il fronte occidentale aveva mietuto già un milione di vite. Sul vecchio continente, ad agosto del ’14, cala il buio. Spesso nei libri di storia si trova un’espressione pronunciata dal ministro degli esteri inglese Edward Grey nei primi giorni del conflitto: <La luce si sta spegnendo in tutta Europa e non la rivedremo più riaccendersi nel corso della nostra vita>.

E veniamo all’Italia. Al momento dell’entrata in guerra il regno d’Italia è la nazione più giovane tra quelle coinvolte. Nel 1911 ha festeggiato i 50 anni dall’unità.  In poco più di 50 anni il nuovo stato ha compiuto progressi eccezionali. Benedetto Croce nella sua “Storia d’Italia dal 1871 al 1925” scrive che nessun altro paese europeo, nel periodo che va dall’ultimo decennio dell’ottocento al 1914, aveva conosciuto un avanzamento tanto rapido quanto esteso.
Ma l’Italia è pur sempre un giovanissimo stato i cui sistemi “nazionali” sono ben lontani dal rodaggio degli altri belligeranti.  La guerra 1915/1918 è la prima grande esperienza collettiva degli italiani. Gli uomini arruolati nell’esercito tra il 1915 ed il 1918 sono 5,9 milioni, un sesto della popolazione.  Nel 1911 le famiglie censite sono 7,7 milioni  (4,6 persone per famiglia):  immaginando che i reclutati si distribuissero uniformemente si può dedurre che dai 4/5 di esse partisse un uomo per il fronte: insomma, la guerra entra in ogni casa italiana del nord, del centro, del sud, delle isole. Osserva lo storico Antonio Gibelli: <La guerra era stata un corso accelerato e forzato di inquadramento nella nazione>.

Gli anniversari costituiscono un’occasione unica. Se ad essi affidiamo solo la missione di riproporre storie e vicende lontane nel tempo senza sforzarci di leggerle con la libertà che spesso solo la distanza assicura allora ne svuotiamo il senso più profondo e diamo ragione a quanti pensano che gli anniversari siano un omaggio che si rende al passato per accantonarlo.
No, il passato non va accantonato perché è una risorsa preziosa a disposizione degli uomini. Sta alla nostra intelligenza metterla a frutto.
La Grande Guerra è stato il primo evento globale dell’epoca contemporanea. Sia perché all’inizio del secolo scorso dire Europa equivaleva a dire mondo.  Sia perché non c’è stato terreno dell’agire dell’uomo che non sia stato risucchiato nell'<apocalisse della modernità>: industria, finanza, scienza, cultura, medicina, dimensione statuale, geopolitica, informazione, istruzione.
Quando termina il conflitto con  buona ragione Stefan Zweig, parlando degli anni precedenti il 1914, può descriverli come <il mondo di ieri>. E’ stata, dunque, una rottura nella storia dell’umanità. Una rottura non rimarginata come dimostra il nuovo conflitto mondiale scoppiato dopo appena due decenni.

Dopo il ’18 il mondo ha un altro volto. L’Italia non fa eccezione. Il Paese che nel novembre del ’18 ascolta il proclama della vittoria del maresciallo Diaz non è più quello che tre anni prima, quasi esattamente un secolo fa, aveva mandato i suoi fanti ad attraversare il Piave <calmo e placido> contro l’impero delle due aquile.
Il Comitato storico-scientifico per gli anniversari di interesse nazionale è al lavoro  da circa due anni sull’anniversario della Grande Guerra. Il programma che abbiamo immaginato e stiamo realizzando ha lo scopo di riportare alla memoria quel contesto, con le  conseguenze tragiche e le straordinarie prove di generosità che lo caratterizzarono, con le vittorie e le sconfitte – non solo militari – che ne segnarono il percorso, con le illusioni e le delusioni che mobilitarono il sentimento nazionale, ma soprattutto come grande opportunità di riflessione collettiva.
D’altro canto l’esperienza di presidente del Comitato storico scientifico, che mi sta portando a girare il Paese in lungo ed in largo consente di dire che la memoria della Grande Guerra resiste da nord a sud, nelle grandi città come nei piccoli comuni.

Insisto molto sul verbo conoscere: uso spesso negli incontri pubblici un’espressione, “conoscere la guerra per amare la pace”. Penso che a noi tocchi anche questo dovere: allargare il sapere sugli eventi, sulle ragioni e le decisioni che scatenarono il conflitto, sugli errori commessi, sulla cecità delle classi dirigenti; dobbiamo diffondere questa conoscenza perché serva a comprendere che c’è sempre un’alternativa alla guerra e questa porta il nome di pace.

Leave a Reply