In memoria di Miss Edith Cavell
Il 12 ottobre 1915 l’infermiera britannica Edith Louisa Cavell venne uccisa, dopo un processo sommario, dai tedeschi al poligono di Schaerbeek, in Belgio, con l’accusa di aver aiutato soldati di ambo le fazioni nonché per aver favorito la fuga di circa duecento soldati alleati verso l’Olanda. Aveva quarantanove anni. Sembra che le sue ultime parole siano state quelle incise sul memoriale londinese: «il patriottismo non è sufficiente. Non devo serbare odio, né rancore, verso nessuno». Edith Cavell, dopo l’uccisione, diventerà una martire. La sua esecuzione tramite fucilazione causò proteste a livello internazionale e divenne un elemento chiave della propaganda di guerra britannica mentre la controparte tedesca cercò di reagire affermando che la Cavell era rea confessa.
Anche in Italia, la Camera dei deputati, nella seduta del 13 dicembre 1915, volle ricordare miss Edith Cavell.
Fu il deputato Carlo Altobelli a ricordare «il nome di una nobilissima vittima, soave fiore di femminile bontà, brutalmente reciso dalla barbarie teutonica». Il deputato, in un ampolloso e retorico discorso, dopo aver ricordato le atrocità germaniche «consumate nel Belgio, la devastazione di Lovanio, il delitto di Reims» si chiede il perché dell’assassinio di miss Edith Cavell, nuovo motivo di indignazione del mondo.
Per l’on. Altobelli «le centinaia di bambini mutilati o sgozzati, tra le imploranti braccia materne, le centinaia di fanciulle oscenamente violate in presenza dei loro padri, e dei loro fratelli incatenati, sono delle collettività: il loro supplizio non era precisato da nomi; i mille poveri martiri di ogni sesso e di ogni età, non avevano nei lontani effigie e storia; la loro strage era per tutti noi lontani il delitto bensì spaventoso, ma anonimo; come delitti quasi egualmente anonimi erano stati quelli del Lusitania, dell’Arabic, e quando erano ancora da consumarsi quelli dell’Ancona, del Firenze e del Bosnia». Nel caso di miss Edith, invece «la sua vita, fiammeggiante di bene, era stata stroncata per aver salvato altre vite innocenti. Al suo supplizio, scientemente affrontato, felinamente consumato, non aveva concorso l’ubriachezza di vino derubato, di sangue e di libidine; di una abietta soldatesca, educata al delitto: un ufficiale di quella soldatesca – forse un colto, brillante ufficiale di quella soldatesca – aveva udito dire dalla vittima al prete, suo estremo confortatore, le ultime dolcissime e forti parole – che ella moriva senza tormento di odio, nel suo spirito puro per i suoi carnefici – e quell’ufficiale si offrì carnefice, affrettando, senza tremare, con il suo sicuro colpo di rivoltella nella testa abbattuta dell’eroina la morte che un qualunque ritardo avrebbe potuto eventualmente impedire. Si sorpassava con ciò qualsiasi inaudita viltà, qualsiasi ferocia di belva». Dall’emiciclo si levano voci che confermano quanto detto dall’oratore: « È vero! È vero!».
Poi Altobelli prosegue: «E poi si seppe l’insidia per la quale era stata tenuta nascosta la notizia della sentenza ai diplomatici americani – ai quali era stato bensì formalmente promesso di comunicarla subito e ciò evidentemente per non dar ad essi il tempo che occorreva per scongiurare possibilmente il supplizio. E si seppe qualche cosa altro di più mostruoso che cioè la sentenza, sempre allo stesso fine, era stata eseguita dopo sole nove ore da quella in cui fu precipitata e pronunziata. (Viva impressione).
Ora non vi pare abbastanza spiegata o signori da tutto ciò l’impressione di ribrezzo di tutto il mondo civile per l’uccisione di miss Edith Cavell quando persino una degna sepoltura era rifiutata al misero corpo esanime di lei?
E l’indignazione e il ribrezzo aumentarono allorché la stampa tedesca, a giustificare l’infamia, vi aggiunse una lurida diffamazione e un più lurido sarcasmo, affermando cioè che l’ospedale tenuto dalla vittima fosse un’ignobile speculazione per le persone ricche e che – in sostanza – per il conto di eguaglianza in cui si tengono nella Germania, i diritti e i doveri degli uomini e delle donne, l’assassino di miss Cavell era anche stato un omaggio reso alla vittima, che si era così virilmente, comportata nel suo sacrificio. (commenti vivissimi).
Credo che nessuna storia di nessun popolo abbia mai registrato prove di insensibilità morale peggiori di queste. Dalla Germania certo si sono avute, tra le più fulgide luci del mondo, tra quelle delle scienze più profonde e delle arti più affascinanti, i sommi intelletti solitari di Emanuele Kant, di Arturo Schopenhauer, di Enrico Heine, di Wolfango Goethe, di Beethoven, di Wagner, e la gratitudine per essi non sarà cancellata nella mentalità, e nel cuore del nostro tempo, e del futuro e deve essere naturalmente aumentata dai giudizi che tutti, o quasi, quei grandi intelletti espressero sulla barbarie del loro paese.
Ma egualmente incancellabile deve rimanere, e rimarrà nei secoli, il ricordo della belluina ferocia, che ha ora in Germania per esponente il nome di Gulglielmo II di Hohenzollern – incitatore delle teutoniche truppe, partenti per la Cina, ad imitare le criminali gesta degli UNNI – premiatore del capitano che silurò il Lusitania, il più efferato assassinio collettivo che nessuna fantasia di raffinato delinquente ha osato mai di immaginare soltanto. (applausi).
Ai Borboni di Napoli – non parimenti colpevoli – nessun vituperio e giustamente fu risparmiato per la loro ferocia contro gli eroi, che erano pure i loro fieri nemici; le forche partenopee divennero per le nobili vittime alto segnacolo di gloria imperitura, ed una frase incisamente scultoria di Guglielmo Gladstone poté bastare a definire la crudeltà borbonica.
Nella colta Germania invece, per infame solidarietà o per suprema viltà di tutto il paese non una forca fu dovuta alzarsi perché non una sola protesta sorse contro gli assassini, non una sola voce si è levata a mostrare la separazione di qualche coscienza, sia pure isolata, tra i tedeschi ed i loro sovrani, ed i carnefici (…). Né qualunque eloquenza di un nuovo Gladstone potrebbe bastare a definire questo abominevole periodo della storia teutonica, ed io non so proporvi che un semplice impari voto di raccapriccio per i delitti compiuti e di disperato augurio per una Germania diversa dopo gli orrori attuali (applausi).
Nell’attesa che tale giorno auspicato nel quale la pace, che affratella e redime, riuscirà a sradicare dagli animi umani ogni qualsiasi istinto di malvagità e di ferocia, noi guardiamo orgogliosi e fidenti alla meravigliosa, edificante rinascita del nostro paese che fu, è e sarà ieri, oggi sempre esempio e maestro di civiltà nel mondo!».
L’intervento dell’on. Carlo Altobelli suscitò tra i presenti vivissime approvazioni e prolungati applausi tant’è che moltissimi deputati si congratularono con l’oratore.
Al termine del conflitto gli Inglesi riesumarono la salma di Edith Cavell, la riportarono in Inghilterra e, seguendo l’indicazione della famiglia, la tumularono a Norvick.
In suo ricordo è stato eretto un memoriale a Londra, in St. Martin’s mentre il Canada le ha dedicato un monte, il ‘monte Edith Cavell” nel Jasper National Park.
Per saperne di più: Atti parlamentari, Legislatura XXIV, 1a sessione, discussioni, 13 dicembre 1915, p.8638-40.