Augusto Piersanti, l’ultimo Caduto della Grande Guerra
In ogni conflitto c’è sempre qualcuno che muore a tempo quasi scaduto poiché i contendenti raddoppiano gli sforzi per occupare più terreno possibile prima del «cessate il fuoco». Uno degli ultimi Caduti della Grande Guerra è Augusto Piersanti, 21 anni del 27° Cavalleggeri Aquila, stroncato da una raffica di mitragliatrice lunedì 4 novembre 1918, pochi minuti prima che scoccasse l’ora dell’armistizio, mentre cercava di strappare agli austriaci la località Paradiso, ad est del Tagliamento.
Nato il 15 agosto 1897 a Roma – dove la sua famiglia era emigrata – le sue origini paterne sono legate a Nottoria, una delle frazioni del comune di Norcia dove è ricordato dalla via a lui dedicata che attraversa tutto il paese e da una lapide del 1920 che lo definisce «eroe celebrato al popolo di Roma dalla voce solenne del poeta soldato».
Ed in effetti, Gabriele D’ Annunzio, il 5 maggio 1919, alla vigilia dell’impresa di Fiume, lo ricordò in uno dei suoi discorsi: «Tenetelo a mente – disse – non lo dimenticate più. Augusto Piersanti volle morire per coprire del suo corpo e del suo amore la sua terra qualche palmo più in là. La sua mano era impigliata nella criniera del suo fedele. Non gli decretate una statua equestre. Non ha bisogno del bronzo per essere eternato. È più potente del metallo imperiale. È vivo…».
Ad Augusto Piersanti è stata conferita una medaglia d’argento al valore militare con la seguente motivazione: «In una carica contro mitragliatrici avversarie col suo nobile entusiasmo si portava alla testa dello squadrone incitando con voce alta i propri dipendenti; con mirabile sprezzo del pericolo attraversava un largo spazio scoperto e fortemente battuto, non arrestandosi che sul nemico raggiunto e finché cadevano colpiti a morte cavaliere e cavallo».
L’episodio è menzionato anche da Luigi Gasparotto che nel suo Diario di un fante ricorda che tutto avvenne a sud di Udine, lungo «il bianco rettilineo di Paradiso che finisce nel trivio di Mussana e di Castion di Strada. Qui, sul ponticello, gli austriaci avevano piazzate le ultime mitragliatrici e contro di esse i lancieri di Aquila caricarono per l’ultima volta. Già erano passati al galoppo sulle calcagna del nemico in fuga, fra i bersaglieri della divisione Fara che facevano ala alla divisione fantastica; ma occorreva portare lo stendardo…».
In quello stesso luogo, al confine tra i comuni di Pocenia e Castions di Strada, oggi sorge un monumento che rende omaggio agli ultimi Caduti italiani della Grande Guerra. Il monumento, il primo costruito in Italia in ricordo dei Caduti, venne inaugurato il 15 aprile 1919 dal duca d’Aosta che, nell’occasione, pronunciò queste parole:
«Mi trovo oggi in questi luoghi sacri per un compito d’onore, di riconoscenza, di devozione che io adempio con lo stesso animo vivamente commosso di tutti voi, che mi conoscete, che mi udite, che mi amate.
I prodi caduti, che noi in quest’ora sacra di ricordi, pietosamente onoriamo, sono veramente degni di questa nobile esaltazione. Essi perirono strenuamente combattendo nelle ultime ore della battaglia e della guerra fissi all’ultima nota della vittoria e della gloria.
Belli e santi i nostri caduti: quelli che, inconsci ma devoti, furono ghermiti dalla fosca dea improvvisa, quelli che crudamente perirono nelle mute veglie, quelli che animati da una sublime speranza nell’ardore della battaglia, offrirono la vita per conquistare l’invocato destino.
Ma questi ultimi morti, che oggi onoriamo, al nostro cuore sono i più santi, i più belli. Veterani di cento prove rimasti incolumi, giovinetti imberbi, frementi di speranze e di sogni, scagliarono l’anima oltre la morte, oltre il destino, consapevoli, nell’attimo stesso in cui la battaglia stava per essere interrotta.
Nei nostri cuori, come su questa pietra votiva, rimarrà eternamente impressa la radiosa giornata che ha superbamente coronati i nostri sforzi supremi in un rosso tramonto di fulgida vittoria. Non dimenticherò io certo il tuo intrepido valore, o sottotenente RIVA VILLASANTA, diciottenne duce di arditi consacrata della medaglia d’oro; né te, o tenente PIERSANTI , né te sottotenente BALSAMO che impetuosamente caricaste il nemico alla testa dei valorosi cavalleggeri, né tutti gli umili, oscuri eroi che col loro olocausto infransero l’ultima resistenza avversaria.
La vostra lagrimata morte è ammonimento per noi, che la vittoria non può essere che frutto di sacrificio: a voi la gloria degli eroi, a noi il dovere di tenere viva la fiamma che ci lasciaste in pegno. Salve O caduti della ultima ora! Il duce della terza Armata, vostro padre affettuoso, sarà sempre con voi nel ricordo, nella gratitudine, nella speranza!».
Tratto da: Rita Chiaverini, La Grande Guerra a Norcia e in Valnerina in Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, Volume CXIV, tomo II, Perugia, 2017, pp. 622-624.