Cascia: il manifesto patriottico del Comune
Dal quotidiano ‘L’Unione liberale’ del 25 maggio 1915 aprrendiamo che a Cascia il sindaco fece pubblicare un ‘patriottico manifesto’ invitando i cittadini all’unità:
La vigilia della guerra è al termine, e la Patria – forte d’armi e di volere – sta per scendere in campo contro il secolare nemico di nostra gente per integrare que’ confini che natura e storia le assegnarono, per redimere tanti nostri fatelli dal piùù odioso ed opprimente servaggio, per assicurare la tranquillità e la pace avvenire. Sono certo che i vostri cuori siano all’altezza del grande momento storico, e che essi sentano tutto il fascino della radiosa imrpesa.
Sia presente alla nostra memoria la sanguinosa tragedia del Belgio neutrale; e sia di conforto a voi madri, spose e sorelle il pensiero che i vostri focolari domestici non potranno essere impunemente violati da quelle orde, che vorrebbero imporre la loro barbarie alla folgorante civiltà latina.
Nell’immensa del supremo cimento sento il dovere di rovlgere un caldo appello ai vostri sentimetni di patriossimo, affichè questa nostra città mostri nobile esempio di concordia civica, riprovando col più profondo disprezzo ogni insano e miserabile tentativo di faziose mene intente a dividere per ignobili scopi personali queli animi nostri che all’unisono d’ora innanzi dovranno pulsare sacrati alla grandezza ed alla gloria d’Italia.
Uno adunque sia il pensiero che ci ssilli la mente: la nostra Vittoria! Uno sia il nostro grido: Viva l’Italia!».
Al termine del conflitto Cascia dovette registrare 105 Caduti di cui 59 morirono in combattimento (o per le ferite riportate) e 34 per le malattie contratte nelle zone di guerra. Allora, infatti, la medicina non aveva ancora farmici efficaci e le penicciline non erano ancora state scoperte. In tali circorstanze quella che oggi consideriamo una banale influenza poteva condurre inesorabilmente alla morte. Le condizioni di vita, inoltre, non erano delle migliori: i soldati erano costretti a vivere nel fango delle loro trincee per settimane e mesi interi, in condizioni igieniche approssimative, esposti oltre che al fuoco nemico anche alle intemperie. Tutto ciò alzava i rischi di mortalità che erano di per sé già alti.
Questa situazione di sofferenza per i militari è stata perfettamente sintetizzata da Giuseppe Prezzolini, fondatore de ‘La Voce’, che con il grado di capitano di fanteria prese parte alla Grande Guerra. Nel suo diario (1900-1941) scrisse alla data del 1 dicembre 1916:
Ciò che fa meraviglia lassù non è che si muoia, ma che si viva».
Foto: Cascia. Collezione Vincenzo Righetti.